12 Cose da fare a Palermo ( prima parte)

Palermo è la quinta città d’Italia per consistenza demografica e la maggiore della Sicilia, sede del governo autonomo regionale e principale porto dell’Isola. Distesa tra il golfo e la corona di monti che racchiude la Conca d’Oro, conta otto circostrizioni amministrative.

E questo è l’inizio di una qualsiasi guida turistica. Manca 679.730 abitanti rifacendosene ad una che si discosta un po’ dalla più aggiornata Wikipedia, ma è un passaggio che si può francamente saltare perchè in realtà pare si aggirino ad oltre un milione i fortunati abitanti palermitani.

Fortunati perchè questa conca d’oro è immersa in un golfo maestosamente bello che toglie il fiato e con il sovrastante Monte Pellegrino ti lascia basita tra odore di zagare e ricotta.

Al diavolo la rivalità Catania-Palermo. Esiste, per carità, ma grazie al cielo non faccio parte di questa fastidiosa fazione. Palermo è oggettivamente bellissima. I Catanesi che prepotentemente rivendicano di abitare la città più grande e bella della Sicilia, sono chiaramente sotto gli effetti del Fuoco Dell’Etna, noto liquore assurdamente forte. Palermo non solo merita di essere Capoluogo, non dimenticandosi di essere stata addirittura Capitale, ma rappresenta al meglio la Sicilia come nessun’altra città potrebbe.

Come in tutte le città siciliane il disordine urbanistico si percepisce inesorabilmente ma il contesto naturale di straordinaria bellezza sovrasta e fa dimenticare. Un fiorire di palazzi, chiese, monumenti di straordinaria architettura, monasteri intervallati da edifici del periodo fascista come l’imponente struttura delle Poste. Un settecento sfarzoso e meraviglioso con il barocco che si unisce all’arabo, spagnolo e normanno.

Stucchi straordinari all’interno dei palazzi ma anche mosaici in pieno stile arabo come fossero moschee. Dalla Sicilia sono passati tutti: normanni, spagnoli, ebrei, arabi, greci, romani e una moltitudine di etnie diverse sono passate di qui. E continua inesorabile questa multietnicità perchè se a Catania ci sono tanti cinesi quanto China Town a New York, nelle zone di Palermo non si scherza mica con il nord Africa.

“Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il paese di magnifiche civiltà eterogenee, venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbia dato il La…

Questa violenza del passaggio, questa crudeltà del clima. Questi monumenti magnifici ma incomprensibili, perchè non edificati da noi, e che stanno attorno come bellissimi fantasmi muti; tutti questi governi, sbarcati in armi, chissà da dove: tutte queste cose che hanno formato il carattere nostro…” (Il Gattopardo)

Meraviglie nascoste a Palermo. “Vi faccio vedere la parte della Cattedrale che nessuno conosce” ci dice Girolamo mentre con la sua lambretta svicola velocemente proprio dietro la facciata principale. Sbalordendoci. Lasciandoci senza parole perchè davanti a noi si para un tripudio di mosaici con piccolissimi pezzettini blu che provengono certamente dal cielo, mi dico mentre inebetita e con la bocca aperta faccio da garage a qualche assetato e accaldato moscerino.

A Palermo non ci sono da fare 12 cose soltanto ma esattamente il quadrato se non il cubo di dodici. Ne trascrivo in questo primo round giusto sei. Ieri blateravo circa il fatto che se non si avesse tempo e si volesse cogliere lo spirito della Sicilia e l’essenza basterebbe andare solo a Bagheria a Villa Palagonia ma semmai il tempo ci fosse. Tiranno o meno sarebbe davvero il caso di compiere queste dodici azioni. Impossibili in una giornata soltanto ma se si corre giusto un po’ anche in due ce la si potrebbe fare. Comprovata la cosa, considerando il fatto che io in cinque ne fatte esattamente il quintuplo e qualcosina in più. Basta munirsi di piedi pronti a tutto e cerotti. Per un resoconto più veritiero possibile dovrei uplodare una diapositiva dei miei piedini ma vi risparmio lo scempio.

E poi mettiamola così: più si cammina e più si ha diritto a gelati. Ed io avrò aumentato le vendite di gelati e cremolose in quel di Palermo, in maniera vergognosa. Basti sapere che la sera quando abbiamo raccontato al simpaticissimo receptionist dell’albergo il tratto che avevamo percorso ci ha guardato e ha detto “alieni?”. E non sapeva ancora il numero di cremolose che avevamo ingerito (il resoconto dell’Ice Cream Tour tarda ad arrivare solo perchè maledizione mi dilungo sempre in chiacchiere!) 

‘nnamo su che è tardi. Anzi no. Amunnini ca è taddu! Ecco, ora va meglio.

1. Pernottare al Falkensteiner perchè c’è Luigi al ricevimento ed è un idillio di simpatia. In realtà si trova in un punto nevralgico che ti permette di abbracciare moltissimi luoghi. Il Palazzo Sitano, completamente restaurato e assorbito da questa catena Austriaca, fa da sfondo ad una Palermo antichissima e innovativa al tempo stesso. All’uscita dell’albergo si trova una tappa fondamentale e irrinunciabile per ogni turista che si rispetti:

La Vucciria. Checchesenedica sul mercato del Capo e Ballarò (sul “Vucciria -pericolosa?!” neanche voglio spenderci parole perchè santo cielo è vergognoso solo pensarlo) a me la Vucciria è piaciuta in maniera esorbitante. Bella con le sue spezie, i sorrisi di chi squarta una testa di pesce spada e le uova freschissime dentro un garage con le galline. Sorprendentemente nulla sembra improvvisato, nonostante i tavoli di plastica rovinati e qualche arredamento bizzarro, ma perfettamente equilibrato e visivamente bello. Non esiste alcun altro termine. E’ bello.

Come bello è alzare gli occhi e vedere dei balconcini pericolosamente sottili, molti dei quali tenuti da braccetti curvati di ferro battuto, con bimbi pannoloni-muniti salutarti mentre le mamme tirano giù cestini pronti ad accogliere qualcosa di buono da quello che potrebbe essere tranquillamente un parente, un amico fidato o il papà del puffetto sorridente che cammina a paperetta.

Ci sono le spezie delle Madonie, peperoncini, finocchietto e sacchi di iuta ricolmi. In un angolo mi è quasi sembrato di essere alla Medina in quella Tunisi troppo caotica. Al contrario invece la Vucciria, nonostante le ore fossero quelle salienti (e calienti), era ordinatissima in tutto il suo disordine. Ho ringraziato il cielo che non usassi le infrandito per muovermi perchè potrebbe essere una nota importante meramente rivolta alle signore. Secchi di acqua per pulire le strade dal sangue del pesce sono un’allegra abitudine. Se si volesse evitare di girare poi la città con un piede dal sapore vagamente Spada-Gambero-Calamaro sarebbe opportuno usare calzature adeguate. Il tacco 12 lo lasciamo alla simpatica tedesca che è tornata in albergo scalza in uno stato pietoso, ok?

A Piazza Marina, proprio vicino alla Vucciria, si tiene ogni domenica un mercatino dell’usato. Ordinate bancarelle adornano la cancellata di Villa Garibaldi dove all’interno si trovano strabilianti Ficus Centenari. Altissimi e con radici che formano cornici nel cielo e nella terra questi Ficus sono capaci di lasciare interdetti anche chi poco si affascina davanti alla natura. Ficus Magnioloide dove radici si trasformano in tronchi supplementari concatenandosi e formando frange arrotolate di sogni. Bellissimo aggirarsi al mattino presto mentre un vecchietto in completo contempla il tempo e due bambini giocano con la bici. E una matta indossa che occhiali da sole sobri si lamenta perchè il router wi fi non va bene, ma è un’altra storia.

2. Andare alla Rinascente. Ahem sì. Lo so. Intuisco facce perplesse e aggiungerei che sia alquanto ragionevole. La Rinascente (oh non ce la faccio !) oltre ad avere delle bellissime borse Givenchy (ma non è questo il punto. O sì?) e un reparto casalinghi degno di nota dove si possono trovare robe irrinunciabile tipo “Sale e Pepe” in versione Nano da Giardino, offre un ultimo piano con tre tipi di ristorazione diversi (Giapponese con il rullo e vassoietti colorati, mozzarelleria e tantotantotantosalume e ristorantino ricercato ma friendly)

Quello scelto da noi è stato nella fattispecie ricercato ma friendly:  Peppe Giuffrè, chef multipremiato proprietario di un resort in quel di Trapani. Cenare nel suo corner, allestito egregiamente, una scultura di frutta con frozen di menta per quanto mi riguarda e una pasta di kamut con carne e pesto di zucchine per quanto riguarda il tizio che mi accompagnava è stata un’esperienza ai limiti del mistico. Culinariamente no. Nulla da togliere per carità ai piatti, al servizio e alla meravigliosa cucina a vista dietro una vetrata mentre qualcuno si strafogava di vassoietti blu in fondo alla sala alla modica cifra di 6,50 ma la vista.

 Santo cielo la vista dalla Rinascente di Palermo è qualcosa che ti può lasciare sconvolto giusto un paio di ore. Dal ristorante difatti si ha accesso ad un terrazzo che affaccia su Via Roma e alcuni tra i più bei palazzi, uno su tutti quello bianco illuminato proprio davanti, e sulla Vucciria. La Vucciria dall’alto con tutte le bandierine rosanere, il monte dietro e l’obelisco che guarda la facciata della Chiesa strabiliante color ocra e bianca è un’esperienza da fare assolutamente. Se soffrite di claustrofobia poi come me, e sarete impossibilitati dall’uscire perchè si ha accesso (dopo l’orario di chiusura della Rinascente) solo ed esclusivamente dall’ascensore, avrete l’opportunità di trascorrere la notte lì sul terrazzo in attesa che la Rinascente riapra o fare amicizia con un simpatico buttafuori e farsi accompagnare attraverso delle scale di servizio oltrepassando il reparto delle borse Givenchy nel silenzio tombale di un esercizio commerciale vuoto.

3. Gustarsi la Cattedrale in tutta la sua maestosità e darsi vigorose pacche sulle spalle per aver compiuto sì la fatica di aver trascinato tre obiettivi in lungo e in largo, ma confermando che il grandangolare era come previsto necessario. Piazzarsi sul lato sinistro guardando la facciata, sperare che non arrivi nessuno e premere click fino a farsi sanguinare le dita.

Non dimenticare i sotterranei della Cattedrale dove si potranno ammirare non soltanto le Tombe Imperiali maestose e sfarzose in una sorprendente semplicità ma veri e propri gioielli di finestra dove trapela luce e micropiantine che odorano di vita tra morte e passato. Resti di Santa Agata, patrona di Catania, in comunione con Santa Rosalia fanno da sfondo ad una cattedrale superba. Tre navate divise da pilastri, ciascuno con 4 snelle colonne di granito. Statue marmoree di santi e sopra la porta maggiore due angeli reggenti lo stemma sabaudo sostituito a quello borbone dopo il 1860. Il Trono episcopale ricomposto in parte con frammenti di mosaici, il candelabro di marmo prezioso, nicchie con statue di apostoli e rilievi, crocifisso ligneo gotico e doloroso e il meridiano che taglia prima dell’altare. Non dimenticare di girare intorno a vedere la parte che nessuno conosce. Quella succitata. Quella davvero indimenticabile.

4. Andare alle Cremolose. Ohhhhhhhhhhhhhhhhh. E qui casca l’asino (in realtà sono cascata io poco distante perchè per arrivarci devi passare da Vuitton-Chanel-Hermes-Prada) e può capitare. DICO. Può capitare che si litighi a calci con qualcuno pelato e nippotorinese (uno a caso, sì) pur di entrare. E magari perdi l’equilibrio su un basolato instabile e ti fai male al piedino. Ma non è questo il punto. Le Cremolose, le avevo viste pubblicizzate durante un tour culinario palermitano in quel di Sky Alice canale 416. Mostravano come fossero nate le cremolose, il perchè e il per come. Senza svelarne la ricetta, chiaramente. Basti sapere che possono contenere fino all’ottanta per cento di frutta.

Di come il proprietario di questo chioschetto non vedesse giorni felici e su come rimboccandosi le mani si sia aggiudicato un posto di tutto rispetto nelle guide gastronomiche. Per quanto mi riguarda vince due orecchie da coniglio e non tre perchè qualcosa non mi ha convinto (avremo modo di sproloquiarne, qualora dovessi farla finita e cominciare a redarre l’Ice Cream Tour con indirizzi e consigli utili per la degustazione di granite e gelati). La Cremolosa all’arancia rossa è strabuona e da sola ne meriterebbe cento orecchie di coniglio ma quelle di fichi e melone mi hanno lasciato perplessa e confesso di non essere riuscita a perdonarglielo. Certo è che avrei voluto provare quella al mandarino ma non era possibile nei siffatti giorni. Il chiosco non ha nulla di antico ma piuttosto glamour. Il logo è accattivante e minimalista molto di moda. I colori sono verde fluo e arancione.

Un piccolo dehor in vetro per la sera se si ha freddo e suppongo per le giornate meno estive diventa cornice di una piazzetta disposta proprio di fronte ai bellissimi giardini inglesi, alta tappa obbligata. Magari degustando una vaschetta da 750 grammi tutta sola su una panchina. Ma anche un chilo va.

I gelati sono pesantucci e hanno influito sulla personalissima scelta di non aggiudicare tre orecchie. Pur avendo provato pochissime cucchiate che contenessero latte prima di stramazzare al suolo in fin di vita, ho trovato conferma nelle parole del Nippotorinese che ha sentenziato “sì molto cremosi, non troppo zuccherati artificialmente e dal gusto intenso (soprattutto il cioccolato fondente) ma non entusiasmante come ci si aspettava”. La cremolosa all’arancia è però tappa obbligata di un eventuale Ice Cream Tour. Si possono degustare stuzzichini, insalate e meravigliose macedonie degne di nota da accoppiare anche alle cremolose e al gelato diventando così un pasto estivo fresco, leggero e pazzescamente buono. Insomma Le Cremolose a prescindere da questo piccolo dis-entusiasmo vanno assolutamente provate (c’è da dire che io sono anche un tantinello esigente*fischiettava fingendo indifferenza) 

5. No dico vai a Palermo e vuoi saltare L’Antica Focacceria San Francesco? masiampassi?! Luogo di culto, poco distante dal nostro albergo, vicino alla Vucciria tra vicoli con vie scritte in italiano, ebraico e arabo, si trova in una piazza proprio di fronte ad una chiesa stratosfericamente bella in marmo bianco intarsiato questa focacceria dal sapore antico. E difatti antica lo è. Tanto quanto le tradizioni palermitane. I proprietari hanno allestito degli enormi gazebi esterni dove si possono degustare i prodotti durante il periodo estivo. Nel primo gazebo vengono serviti i prodotti tipici della focacceria mentre in quello adiacente i dolci tipici palermitani e siciliani insieme ai dei gelati che non si sono classificati all’interno dell’Ice Cream Tour perchè era già stata una giornata difficile e mangereccia dal punto di vista gelatoso e all’una di notte, nonostante tutta Palermo mangiasse, sembrava davvero troppo. Il Nippotorinese impavido dopo aver mangiato roba di inquantificabile entità ha chiuso in bellezza con Pane e Panelle e non contento si è lanciato pure sulle crocchette. Mentre lo guardavo sconvolta seduta all’interno tra sedie di ferro battuto e foto di Sofia Loren, Franco Franchi e Mina a Palermo e nella focacceria stessa notavo lo sguardo beato del tipo pelato che.

“Non ce la faccio più ma sono buone davvero”.

Credevo che l’esperienza visiva del “Pane ‘ca Meusa” avrebbe turbato le mie notti e invece è stato esattamente il contrario. Il Pane ‘ca Meusa altro non è che del pane con la milza. Mentre nel Catanese è famosissimo il Sangele, pane con sangue coagulato di maiale a mo’ di salsiccia, quella della Meusa è un’istituzione popolare palermitana. Sangele Vs Meusa!

Ne esistono due tipi: schetto e maritato. “Schetto” anche nel catanese significa letteralmente “non sposato. zitello” ed a quanto pare anche nella sicilia occidentale. Maritato chiaramente “che ha preso marito e quindi sposato/a”. Il Pane ‘ca Meusa schetto/single è quindi solo un panino tondo imbottito con questa milza cotta in un pentolone gigante e rimestata continuamente dall’allegro omino che mi guardava mentre io osservavo estasiata. Avesse saputo che ero vegetariana e che ero interessata per tutt’altri motivi mi avrebbe infilato lì dentro ne sono sicura. Una vegetariana nel tempio del Pane ‘ca Meusa sarebbe stato un insulto. Mi va riconosciuto però che so dissimulare benissimo. Mancava poco che dicessi “gnam” (confesso però che semmai avessi mangiato la carne, avrei provato senza alcun dubbio).

Quando mi ha fatto cenno che era il mio turno, ho sorriso e ho detto “per stasera basta. Ne ho mangiato troppa”. Credo di non essere stata molto credibile ma da bravo gentiluomo siculo verace mi ha sorriso e ha continuato a fare panini schetti e maritati. Ah ecco. Maritati nel senso che non sono soli e tuppete! cosa ci si mette? Ricotta. Si apre il panino. Si mette la ricotta di pecora (una forma gigante sovrasta il pentolone della Meusa) poi la meusa e un po’ di formaggio grattugiato sopra. Suppongo pecorino che innegabilmente si sposa ancor meglio con la Ricotta rigorosamente selvaggia e di pecora.

Ma la focacceria San Francesco, non contenta di questo tripudio di tradizioni, offre anche Pasta con finocchietto selvatico e pinoli, Pasta con le sarde, Parmigiana, Caponata, Alici arrotolate, Pane e Panelle, Crocchette di patate e tutta la tradizione dei primi e dei secondi cult. Un luogo di culto. Un luogo imperdibile quello della focacceria San Francesco. Quello insomma in cui mi dirigerò correndo a gambe levate qualora dovessi rinsavire e diventare una comune mortale che magna carne e pesce senza tirarla troppo per le lunghe, ecchediamine. Io Signor Proprietario della focacceria di San Francesco più di così non riesco a elogiarla.

6. Mondello! Ah Mondello. Si deve proprio vedere con le sue cabine perfettamente allineate azzurre e bianche sul mare. Con il lido estremamente vip e fashion delle Terrazze che sovrasta il mare. Con il suo lungomare dove la passeggiata è resa comoda e confortevole grazie a un mega marciapiede gigante con tantissime piante e l’inizio di una spiaggia meravigliosa. Un viale lungo, adornato da centinaia di gelaterie e bar.

Rispetto al Lungomare di Catania dove devi dribblare amici venuti da lontano che vendono nell’ordine: statuette, tappeti, arredo bagno, gioiellini, monili, tatuaggi, massaggi, penne, cerchietti luminosi e solo il cielo dell’ingegneristica gadget inutile sa cosa, questo luogo ricorderebbe un po’ il luogo comune della Svizzera. Perfetto. Preciso. Senza nessun driblaggio. Un cacchio di lungomare perfetto come l’idea nell’iperuranio. Mi è quasi venuta voglia di andare al Lungomare di Catania e sparare a vista a chi non rispetti tutti gli standard di Mondello. E non escludo che lo farò. Devo solo trovare il tempo e capire se la mia pistola di Hello Kitty glitterata oltre bolle di sapone può riuscire ad emettere altro.

Un lungomare, quello di Mondello, ove trascorrere allegramente la serata. L’ombelico del mondo fa un caffè d’orzo che è una schifezza apocalittica, mi si conceda, e il decaffeinato è orrendo ma sta di fatto che è adorabilmente bello con il suo legno color wengè ed io qualsiasi cosa abbia una parvenza wengè l’apprezzo a prescindere. Barettino sulla spiaggia con sedili arancioni rivolti al sole, mentre io con le calze otto denari nere sento freddo, vedo sbucare donne in perizoma visibilmente accaldate che reclamano granite. Pur sentendomi una cariatide con il caffè d’orzo, lo scialletto e i collant seppur estivi apprezzo il gelato dell’Antico Chiosco in piazzetta come una turista giovane qualunque (su giovane sono partite le risate registrate dalla regia senza il mio consenso o sbaglio?). Gelato buonino. Niente di che. Si potrebbe pure dimenticare in effetti. Ma bisogna comunque constatare che è un luogo turistico e che difficilmente ci sarà una rompipalle come me che deve compiere il suo ridicolo Ice Cream Tour. E che i tedeschi, diciamolo, si accontentano con una roba gelata e della frutta artificiale spiaccicata dentro.

All’inizio del lungomare di Mondello c’è un chioschetto a forma di Mulino Bianco. “Guarda sembra il Mulino!” dico entusiasta come una bimba davanti le caramelle. Per poi scoprire che la Barilla aveva proprio impiantato una gigantografia prefabbricata del famoso Mulino. C’era una fila assurda e suppongo regalassero roba ma il traffico, la fretta di volare verso San Vito Lo Capo e altre centinaia di amenità non mi hanno permesso di saperne di più. Mondello è un lungomare con gabbiani, mare meraviglioso, lidi, costumi e caffè d’orzo pessimo ma va indiscutibilmente visto. C’è poco da fare. Ma non per mangiare gelati, ecco.

 Adesso bisogna solo fingere che non si veda proprio l’ora di sapere gli altri sei luoghi da visitare assolutamente. Per favore fatelo per la mia (in)stabilità psicologica. Quasi ci si crede ad essere utili come recensitrice (si dice così ne sono certa) di luoghi.

Ci si accontenta con poco, qui.

Nota doverosa: In Albergo la soluzione d’arredo dello specchio-tv che separa gli ambienti permettendo di scegliere chi è nel living se passarsi il rossetto o guardarsi i cartoni e viceversa per chi comodamente nel letto sta, l’ho trovata di una geniale semplicità sconvolgente. E verrà senza alcun ragionevole dubbio emulata nella prossima dimora.

Se tanto mi da tanto. Licenziamo allegramente l’architetto e via. Si è in grado perfettamente da soli di emulare, riprogettare e inventare idiozie inutili (è un semplice delirio di onnipotenza, ma passa in fretta. Tranquilli)

(era il mio sogno diventare “unasignorinachemostraimobili toccandoconcupidigiaillegno”. Da sempre, lo confesso)

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